Un grido non taciuto

Guida alla Mostra:

Il percorso è unico, esistenziale e storico, perché ogni uomo si nutre del suo tempo, ne respira l’aria, è trapassato dagli avvenimenti, ne avverte la novità e la conflittualità ma mantiene desto un grido di domanda e di compimento che non può essere taciuto (Montale osservava: ogni cosa che facciamo ha un grido dentro…non è per questo!)

E il tragitto della mostra diviene così un cammino accessibile, comprensibile, con simboli di forte impatto narrativo ed antropologico.

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Le prime opere sono all’esterno e introducono all’esposizione: il “Carro a(R)mato di Mater misericordiae [Palmira]” che accoglie la civiltà in frantumi dentro il tempo che va perdendo ogni memoria, l’opera è stata realizzata sullo stimolo della tragedia di Palmira del 2015; (cfr.)

L’opera “Moto perpetuo”simbolo dellaciclicità degli eventi, riprende iconograficamente la colonna della flagellazione di Piero della Francesca, colonna su cui poggia il cubo (la terra) trafitta da sei frecce, come i suoi continenti, le punte delle frecce sono proiettili da guerra. In alto una forma preziosa, dorata, richiamo alla luce, alla spiritualità con il pastorale guida-faro; è una figura aperta, attraversabile, una finestra che dà l’opportunità di andare oltre. L’esistenza umana è ciclica …“Violenza, pentimento, riscatto dei valori di pace, convivenza e pacificazione, dimenticanza dei trascorsi e risveglio della Violenza”…

All’interno del Museo, proseguendo il percorso espositivo si sale incontrando al primo incrocio l’accenno alla zizzania (la discordia, la malignità), una piccola opera in terracotta, ancora non radicata ma già con la simbologia dei suoi semi, poco più avanti c’è una pietà che non ha più fecondità spirituale (un ventre-colomba senza vita) a indicare la vicinanza delle due figure, la perdita del proprio spirito-coscienza fa perdere la consapevolezza delle nostre azioni scatenando eventi a domino tra provocazione, risposta e perdita di relazione.

Proseguendo, sulla soglia due simboli che evocano la ridotta concezione della natura umana di cui siamo vittime e la necessità di un riscatto; “Trasfigurazione dolorosa”, anche quest’opera ispirata alla flagellazione di Piero e suggerita dalle costanti polemiche sulla supremazia delle “Razze”: una Babele dove l’uomo viene ritratto unito ai suoi simili, non più estraneo o nemico; sulla colonna ogni essere umano è simile e parallelo al Cristo flagellato.

La vicina opera “Altalena del Corpus Domini” è dedicata invece al concetto e al dolore di emigrazione, una barca preziosa (in bronzo) sospesa, simbolo della navigazione, della ricerca come condizione propria della persona (tempio) in due direzioni (altalena). La navigazione è curiosità, genera conoscenza, opportunità di nuova vita ma svela il dramma dell’immigrazione, oggi come ieri, su una zattera inattesa e incerta dell’approdo. Ogni uomo è migrante nella sua struttura di essere umano, ogni uomo comunque in viaggio alla ricerca del proprio bene fisico e spirituale.

Nella prima stanza incontriamo “Il seminatore di zizzania”, qui l’opera che la rappresenta diventa più corposa, più cerchiamo di intraprendere un percorso esistenziale maggiori si presentano le contrapposizioni e le distrazioni, questaspara pallettoni che pervadono la terra rendendola arida, incolta, non fertile. La mancanza di ragionamento genera diceria, un parolaio dilagante, liquidità di affetti e pensieri, consenso, omologazione, riduzione dell’uomo a cosa. La zizzania, pianta infestante, ha solide radici e si dirama nelle faccende umane con un alto potere intossicante.

La seconda stanza è dedicata al concetto di ricerca e di incontro, all’idea di comunità già partendo dall’incontro di due persone, richiama al “Messaggero” di novità (con pastorale alato) alla relazione (Cattedrale d’attesa e Scrigno) al “Pastore errante”, colui che è lanciato alla ricerca dei contenuti esistenziali, I riferimenti sono chiari: la bussola collocata all’altezza del cuore a comandarne la direzione, la cultura che apre la finestra del proprio vedere a nuovi orizzonti, il campanello che richiamano all’attenzione scuotendo dal torpore e dall’anestesia nelle quali l’uomo sopravvive e rischia di sopperire, tutte possibilità di uscita dalla solitudine dell’individualismo.

L’ultima stanza, la più esistenzialista, riporta all’individuo, esprime l’urgenza di una ritrovata umanità: i dubbi e la ricerca (Cerco un ordine nei miei pensieri e L’enigma di Ulisse), l’attesa e l’imprevisto (Guardiano del giorno dopo, Annunciazione) o la consapevolezza e l’esigenza di un equilibrio fra gli elementi che ci cadenzano la vita al di fuori dalle nostre capacità percettive (Ho trovato un ordine nei miei pensieri)…